mercoledì 10 dicembre 2008

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BAMBINI SOLDATO: NUMERI E LUOGHI


Accanto alla progressiva violazione delle più elelmentari leggi di guerra, c'è un elemento nuovo e inquietante. Oggi l'esclusione dei bambini dalla guerra - che è sempre avvenuta in ogni cultura tradizionale- non è più un imperativo: molti bambini sono anche esecutori di atrocità belliche. I bambini sono impiegati come combattenti in oltre ¾ dei conflitti armati del mondo. Non si tratta di giovani adolescenti ma di bambini di 6 anni.

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Il reclutamento e l’utilizzo di bambini soldato sono una delle più pesanti violazioni delle norme che regolano i diritti umani nel mondo. L’Africa è spesso considerata l’epicentro del fenomeno dei bambini soldato: qui sembra esserci un legame quasi endemico tra bambini e guerra.

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La Sierra Leone è spesso al centro del dibattito sui bambini soldato, perché in 10 anni di guerra civile, i bambini in combattimento hanno avuto un ruolo di primo piano. In Angola il 36 % dei bambini ha prestato servizio come soldato o ha seguito le truppe in combattimento. Le Nazioni Unite stimano che nella guerra in Liberia abbiano combattutto approssimativamente ventimila bambini, circa il 70 % dei soldati attivi nelle varie fazioni. LRA, Esercito di Resistenza del Signore, è famigerato per essere costituito al 100% da bambini soldato. L’LRA ha rapito oltre 15 mila bambini per farne dei soldati e ha nelle proprie file il combattente armato più giovane al mondo: un bambino di 5 anni. Anche il Sudan fa uso massiccio di bambini soldato. Le stime parlano di almeno 100 mila bambini, che prestano servizio su entrambi i fronti di una guerra civile che dura da 20 anni. I bambini di stada sono il bersaglio privilegiato del reclutamento. Nella provincia di Wahda il 22% della popolazione scolastica tra i 6 e 14 anni è stato reclutato dall’esercito sudanese o nelle milizie filo governative. Il sodato più giovane ha 9 anni.

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Il Medio Oriente è un’altra area dove i bambini sono diventati parte integrante del conflitto. I bambini sono coinvolti in combattimenti di Algeria, Azerbaijan, Egitto, Iran, Iraq, Libano, Tagikistan, Yemen. I bambini al di sotto di 15 anni qui prestano servizio all’interno di gruppi islamici radicali. Gli adolescenti sono al centro del conflitto anche in Palestina e costituiscono il 70% dei partecipanti all’Intifada.
In America, a partire dagli anni novanta, i bambini soldato sono stati impiegati in Colombia, Equador, El Slavador, Guatemala, Messico (Chapas), Nicaragua, Paraguay e Perù. La pratica dei bambini soldato è diffusissima anche in Asia: in Cambogia, Timor Est, India, Indonesia, Laos, Myanmar, Nepal, Pakistan, Nuova Guinea, Filippine, Sri Lanka. Solo nel Myanmar si stima ci siano più di 75 mila bambini soldato - uno dei numeri più alti del mondo - attivi sia nell’esercito statale sia nei gruppi etnici armati che si oppongono al regime. L’80 % dei conflitti cui prendono parte vedono nelle proprie file combattenti bambini sotto i 15 anni.

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Le condizioni in cui si trovano molti bambini del mondo sono disperate,la globalizzazione ha escluso molti e disgregato tradizioni e società tradizionali. Quasi ¼ della popolazione giovanile mondiale vive con meno di un dollaro al giorno.
Almeno 250 milioni di bambini vive per strada. I bambini disperati ed esclusi costituiscono un’enorme riserva per l’economia illegale, il crimine organizzato, i conflitti armati. La stragrande maggioranza dei bambini soldato viene dai settori più miserabili, meno acculturati e più emarginati della società. I bambini reclutati a forza provengono abitualmente da alcuni gruppi a rischio: bambini di strada, bambini delle campagne, rifugiati e altri esuli. Chi sceglie di arruolarsi spontaneamente proviene spesso dagli stessi gruppi, spinto dalla povertà, dall’alienazione e dalla propaganda.

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Le condizioni strutturali che si accompagnano ai conflitti armati possono costringere i bambini ad arruolarsi anche ai fini della difesa personale. Circondati dalla violenza, si sentono più al sicuro in un gruppo combattente e con un’arma in mano. In Africa per esempio, l’80% dei bambini soldato ha assistito a un’azione armata intorno alla propria casa, il 70% ha visto distruggere la propria abitazione, il 60% ha perso la propria famiglia in guerra.

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Molti bambini hanno fatto esperienza diretta o sono stati testimoni oculari delle peggiori violenze: massacri, esecuzioni sommarie, torture, violenza sessuale. La vendetta perciò è uno stimolo abbastanza forte per unirsi alla lotta. Spesso i bambini soldato sono sopravvissuti al massacro della loro stessa famiglia.
“ Mi sono arruolato nell’esercito quando avevo 14 anni, perché ero convinto che il solo modo di riavere i miei genitori o di impedire che le cose andassero avanti in quel modo fosse far parte dell’esercito e ammazzare chi era responsabile dell’uccisione dei miei genitori. Ma vedi, la cosa più inquietante è che, una volta che mi sono arruolato e ho cominciato a combattere, mi sono ritrovato ad ammazzare genitori di altri bambini e dunque a creare una spirale di vendetta…"

( I. 14 anni )

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Un fenomeno che coinvolge anche le bambine


Il problema dei bambini soldato scavalca i confini di genere. Benchè la maggior parte dei bambini soldato sono maschi, anche le ragazze rappresentano un numero significativo. Circa il 30 % delle forze armate mondiali che impiegano bambini soldato hanno nelle proprie file delle bambine.


" Avevo un’amica, Juanita, che si era messa nei guai… Eravamo amiche da prima di entrare nell’esercito e dividevamo la stessa tenda. Il comandante mi ha detto che non importava se era mia amica. Aveva commesso un errore e bisognava ammazzarla. Ho chiuso gli occhi e ho fatto fuoco, ma non l’ho colpita. Così ho sparato un’altra volta. La fossa era lì accanto. Ho dovuto seppellirla e ricoprirla di terra. I comandante ha detto. “ Ottimo lavoro. Anche se ti sei messa a piangere hai fatto un ottimo lavoro. Lo dovrai fare tante altre volte e dovrai imparare a non piangere” ".

( A.17 anni - “ Corpo Ausiliario Femminile” del gruppo ribelle LURD, Liberia )

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Della maggior parte delle bambine catturate dai gruppi armati non si hanno notizie: potrebbero essere state abbandonate o identificate in modo non corretto come ‘persone alle dipendenze’ di combattenti adulti. In alcuni paesi , le bambine costituiscono meno del 2 per cento del totale dei minori rilasciati dai gruppi armati. I combattenti adulti non si sentono obbligati a rilasciare le bambine soldato, poiche’ le considerano come una loro proprieta’ sessuale.
Questa discriminazione e’ perpetuata da alcuni funzionari statali che descrivono, senza porsi problemi, queste bambine come ‘persone alle dipendenze’ dei combattenti adulti.
Alcune bambine sentono di non avere alternativa se non rimanere con un gruppo armato, poiche’ se provassero a scappare verrebbero torturate o uccise.

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Repubblica Democratica del Congo :

Jasmine, 16 anni, arruolata appena dodicenne da un gruppo armato mayi-mayi del Kivu meridionale, e ora madre di un bambino di 4 mesi, ha raccontato ai ricercatori di Amnesty International: " Quando i mayi-mayi attaccarono il mio villaggio, scappammo tutti via. Durante la fuga, i soldati catturarono tutte le ragazze, anche quelle molto giovani. Una volta che sei nelle loro mani, sei costretta a ‘sposare’ uno di loro, non importa se e’ vecchio come tuo padre o se e’ giovane, se e’ bello o brutto… sei costretta ad accettare. Se ti rifiuti, ti uccidono. E’ accaduto a una delle mie amiche. Ti sgozzano come galline e neanche seppelliscono i corpi.
Ho visto personalmente torturare una ragazza che non voleva ‘sposarsi’…"
Le bambine arruolate nelle forze armate e nei gruppi armati sono spesso vittime di traumi prolungati, causati da anni di abusi, e diventano madri a un'età precoce. Cio’ nonostante, viene fatto veramente poco per assicurare loro il necessario sostegno e l’assistenza cui avrebbero diritto.
Secondo Amnesty International, la maggior parte delle bambine e dei bambini soldato – alcuni dei quali arruolati quando avevano 6 anni - rilasciati e tornati nelle loro famiglie o comunita’ ( e da queste raramente accettati ), non sono stati aiutati pressoche’ in alcun modo a rientrare nella vita civile, nel campo dell’educazione o del lavoro.

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